Una fede profonda

Gli abitanti di Rasiglia, che sono i custodi gelosi e attenti del Santuario, celebrano ogni tre anni una festa solenne in onore della Madonna delle Grazie.

Nella notte della prima domenica di settembre, il suo Simulacro viene prelevato dal Santuario e processionalmente, a lume di candele e torcie, viene portato nella chiesa parrocchiale di Rasiglia. Qui rimane per otto giorni esposto alla venerazione dei fedeli che, nella notte della domenica successiva, lo riaccompagnano al Santuario.

Per l’occasione gli abitanti ornano con festoni e luci le case e le strade del paese per testimoniare anche visibilmente il loro profondo attaccamento alla Madonna.

La Chiesa dei Santi Pietro e Paolo

Rasiglia è sede parrocchiale certificata fin dal 1239, con la chiesa dei santi Pietro e Paolo, che ancora oggi mantiene la sua funzione.

La chiesa attuale è stata costruita intorno alla metà del XVIII secolo in quanto quella all’interno del castello, in uso fino a quel momento, era divenuta insufficiente e soprattutto era pericolante. Si decise allora di realizzare una nuova chiesa parrocchiale all’interno del paese, mantenendo comunque la stessa intitolazione. Solo nel 1745 fu realizzato anche il campanile, completato nel 1754 con la campana grande; la casa parrocchiale venne poi costruita nella prima metà dell’800. Entrambi gli edifici furono realizzati soprattutto grazie alla volontà e all’impegno economico degli abitanti di Rasiglia. La chiesa, ad una sola navata, ha sull’altare maggiore e su quelli laterali dipinti di notevole pregio, realizzati tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo da vari autori assai noti come Nicola Epifani. .

La "Chiesola" di San Filippo

All’ingresso del paese si trova una piccola chiesa, comunemente detta la “chiesiola”, dedicata a San Filippo Neri. Il piccolo edificio, sorto come oratorio, è stato costruito nel 1631 per volontà di tre fratelli, come si legge all’interno, sopra la porta: “Franciscus Vincentius et Barnabous fratres ob Ascani de Petruccis eorum patris nec non propriam devotionem hanc parvam ecclesiam erigendam ac pingendam curarunt propriis sumptibus anno Dni MDCXXXI”. I fratelli Francesco Vincenzo e Bernabeo, figli di Ascanio Petrucci, si occuparono di erigere e dipingere questa chiesiola, come segno della loro devozione e di quella del padre, a proprie spese, nell’anno domini 1631. Tracce di affreschi d’epoca e ritratti di santi e vescovi testimoniano il profondo attaccamento a questo luogo di culto e la volontà di renderlo nel tempo sempre più prezioso.

La “chiesiola” è attualmente di proprietà della famiglia Tonti, pervenuta da Tiburzia Scaramucci Petrucci, nonna paterna di Umberto Tonti. Era ed è consacrata, conserva arredi e paramenti sacri antichi come pianete e stole di lino operato. Vi si celebra la messa il primo maggio, festa di San Filippo cui la chiesina è dedicata. Si apre per la settimana santa e in particolare per la “visita ai sepolcri”. Vi sosta la processione del Corpus Domini, vi si fa la benedizione delle palme, con le quali processionalmente si sale verso la chiesa parrocchiale.

La Chiesa dei Santi

L’edificio, posto in località Fabriano di Rasiglia, è un’ex chiesa ormai sconsacrata, recentemente fatta restaurare dal proprietario Francesco Silvestri, che ne ha seguito i lavori in maniera accurata e appassionata, riportando al suo originario splendore la chiesa, la sacrestia, l’ossario e il monumentale forno a legna che serviva tutto il complesso abitativo attiguo ad esso. Della sua esistenza abbiamo attestazione almeno fin dal XIII secolo.

Nella sentenza del 1239 del Cardinal Capocci, infatti, gli edifici di culto esistenti nei pressi di Rasiglia risultano essere:

  • San Pietro di Rasiglia, 217 libre
  • San Venanzo di Esculano, 48 libre
  • Sant’Angelo di Fabriano, 124 libre (la chiesa in questione)

Nel 1334, dal computo delle decime, risultano già esserci stati dei cambiamenti nella denominazione: le chiese entro le mura del Castello di Rasiglia diventano due, quella sopracitata di San Pietro e quella di San Lorenzo, mentre a Fabriano di Rasiglia la chiesa di Sant’Angelo diventa chiesa dei Santi Valentino e Angelo. Sopra un laterale di tale edificio era incisa la frase “QUESTO ATRIO NON GODE IMMUNITA’”. L’affermazione si riferiva all’immunità concessa a coloro che avevano commesso un qualche delitto e che, sostando in un determinato luogo sacro, avevano la possibilità temporanea di non finire agli arresti o essere giudicati. La chiesa di Fabriano, dunque, non concedeva tale immunità.

Nel 1662, grazie ad un’iscrizione posta sopra la porta dell’edificio e alla testimonianza del Faloci, si ha notizia del fatto che la chiesa fosse precedentemente crollata. Fu Giulio Natalini da Rasiglia, già canonico della celebre Abbazia di S. Eutizio che, a proprie spese, ricostruì proprio nel 1662 la chiesa, dedicandola a San Michele Arcangelo, San Mauro Martire, San Carlo Borromeo, San Filippo Neri, Santa Teresa Vergine e altri santi martiri.

Facciamo un salto temporale al 1917-18. In occasione di una ricerca sulla prima guerra mondiale, ci imbattiamo in diversi documenti del Comune di Foligno nei quali viene descritto un rifugio: qui sarebbero stati fatti alloggiare alcuni prigionieri austriaci che il Comune di Foligno impiegava per realizzare dei lavori, nella fattispecie la manutenzione del tratto di strada che va da Rasiglia a Verchiano. I documenti riportano quanto segue: “alloggiati prigionieri in un vecchio fabbricato ex chiesa, con annessa sacrestia e con portichetto all’ingresso, nel piccolo gruppo di case denominate I Santi lungo la strada provinciale sellanese a 200 mt da Rasiglia di proprietà della famiglia Fiacchi di Rasiglia”. L’ex chiesa adibita a rifugio dei prigionieri, dunque, non era altro che il nostro edificio di culto.

Oggi, dopo il restauro, Francesco Silvestri mette tale edificio a completa disposizione della comunità di Rasiglia, perché ne faccia un centro conferenze e un laboratorio didattico-tematico sulla panificazione nella storia, considerata la presenza del magnifico e antichissimo forno conservatosi fino ai giorni nostri. Noi, da parte nostra, non possiamo che ringraziarlo per la sua lungimiranza e generosità: è grazie a gesti come questo che è possibile riscoprire il passato da cui proveniamo e allo stesso tempo mantenere vivo il nostro senso di appartenenza, la nostra comunità, le nuove speranze per il futuro.

keyboard_arrow_up